Disturbi generalizzati di sviluppo

Due aspetti fondamentali caratterizzano il disturbo generalizzato di sviluppo (altrimenti detto sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico) e lo distinguono dal ritardo mentale.

Qui non si ha infatti un ritardo limitato alle funzioni intellettive, ma piuttosto una distorsione nello sviluppo di molte funzioni fondamen­tali.

Il bambino affetto da disturbo generalizzato di sviluppo non è in alcun modo confrontabile con un bambino più piccolo, o in ritardo nelle tappe di sviluppo. Egli è un bambino diverso, strano, spesso incomprensibile, nel quale molte cose sembrano non funzionare in modo normale.

Le abilità sociali, il linguaggio, l'attenzione, la percezione, la motricità, ma forse soprattutto il rapporto con la realtà mostrano anomalie vistose e per certi versi misteriose.

 

Possono essere classificati due tipi di disturbo generalizzato di sviluppo:

Ø      il disturbo autistico

Ø      il disturbo generalizzato di sviluppo non altrimenti specificato.

 

 

 

Disturbo autistico (o autismo infantile)

Le caratteristiche generali di questa patologia sono una menomazione qualitativa (significativa per l'età cronologica) nell'interazione sociale, quindi nella comu­nicazione verbale e non verbale e nell'attività immaginativa; una marcata limitazione del repertorio di attività e di interessi.

 

In particolare, i deficit sociali si possono manifestare:

Ø      nella mancanza di consape­volezza dell'esistenza dei sentimenti degli altri, cosicché il soggetto tratta l'altro come se fosse un oggetto inanimato;

Ø      nell'incapacità di cercare aiuto o sollievo in modo adeguato;

Ø      nell'incapacità o nella ridotta capacità di imitazione;

Ø      nell'assenza o nella forte anomalia del gioco sociale e delle abilità adeguate all'età cronologica di fare amicizia con i coetanei;

Ø      in una mancanza di reciprocità socioemozionale.

 

I deficit comunicativi, invece, si esprimono generalmente

Ø      nell'assenza totale di capacità di comunicazione anche non verbale, al punto che al soggetto mancano anche le espressioni del viso e la mimica necessarie a un minimo di espressività rivolta verso il mondo esterno.

Ø      in un'anomala comunicazione non verbale, come la mancanza di contatto oculare, di sorriso, di posture di preparazione al momento di essere presi in braccio;

Ø      in un'assenza di attività immaginative adeguate all'età;

Ø      in anomalie di produzione verbale, che possono riguardare il volume, la forza, la cadenza, il ritmo, il tono oppure la forma e il contenuto del discorso.

 

Si possono in questi casi avere fenomeni di ecolalia, inversione dei pronomi personali «io/tu» e un uso particolare, anomalo o irrilevante di parole o frasi: tutte cose che, grossolanamente, danno l'impressione di avere a che fare con un bambino che «vive in un altro mondo».

 

Ø      La limitazione nel repertorio di attività e interessi, infine, si caratterizza per

movi­menti stereotipati del corpo;

Ø      persistente interesse verso parti di oggetti (ad esempio frequenti annusamenti o palpazione di tessuti);

Ø      attaccamento a oggetti inusuali per l'età;

Ø      gravi disagi e reazioni emotive negative in occasione di cambiamenti d'ambiente anche molto comuni o di attività routinarie;

Ø      evidente ristrettezza di interessi associata a un'at­trazione invece molto marcata per azioni semplici e irrilevanti per l'età (ad es. far girare una ruota, giocare con uno spago, allineare oggetti).

 

A questa sindrome si trovano frequentemente associati altri problemi emotivi o genericamente psicologici come paure, fobie, disturbi del sonno, disturbi dell'alimentazione, aggressività.

Di solito, a questo disturbo è associato un umore labile, pianti inconsolabili o riso senza apparenti giustificazioni esterne, sensibilità carente o esagerata agli stimoli senso­riali, comportamenti autolesionistici, dondolamento o altri movimenti ritmici del corpo.

 

Nel 40% del casi il disturbo è associato a un QI inferiore a 50, ma esiste anche un 30% di disturbi generalizzati di sviluppo con QI superiore a 70. Il disturbo esordisce per de­finizione entro il terzo anno di vita e il decorso è cronico, anche se alcuni di questi bambini arriveranno in età adulta a una vita sostanzialmente indipendente, caratterizzata solo da segni di goffaggine sociale e passività. Oltre il 60% di questi soggetti, invece, rimane gravemente handicappato e incapace di condurre una vita indipendente.

I fattori progno­stici più rilevanti a questo proposito sono il QI e le capacità di comunicazione verbale.

 

Il disturbo è molto raro: oscilla approssimativamente tra lo 0,02% e lo 0,04%, è tre volte più frequente nei maschi che nelle femmine e più comune ai livelli socioeconomici più alti.

 

Non è univocamente nota la causa del disturbo generalizzato di sviluppo, anche se si conoscono, tra i fattori predisponenti, gli spasmi infantili, la rubeola materna (specialmen­te quando è associata a disturbi sensoriali del bambino), la fenilchetonùria, le encefaliti, le meningiti e la sclerosi tuberosa, la lipidosi cerebrale e la sindrome dell'X fragile. L'ipotesi, di solito sostenuta dai teorici a orientamento psicodinamico, di un'influenza di fattori familiari e interpersonali (in particolare il rapporto precoce madre-bambino) non sembra accreditata da nessuno studio sistematico.

 

In passato, si utilizzavano denominazioni diverse per indicare questo disturbo: psicosi, psicosi infantile, psicosi simbiotica, schizofrenia infantile, disarmonia evolutiva a versante relazionale. Spesso, inoltre, la diagnosi viene posta con frequenza molto maggiore di quanto ci si aspetterebbe sulla base degli studi che parlano di un'incidenza dello 0,03% nella popolazione generale. Ciò può derivare dal fatto che molti dei sintomi descritti si trovano nel ritardo mentale, soprattutto grave e gravissimo e in alcune forme di schizofrenia che si manifestano più avanti nello sviluppo.

Disturbo generalizzato di sviluppo non altrimenti specificato

E' una categoria residua nella quale rientrano quei disturbi di tipo relazio­nale e comunicativo ma che, per qualche ragione specifica, non rientrano nei criteri di diagnosi di disturbo autistico (di solito a causa dell'esordio posteriore al terzo anno di vita), ne di schizofrenia o di disturbo schizotipico o schizoide di personalità.

Oltre all'autismo infantile, l'ICD-10 propone una diversa classificazione delle alterazioni globali dello sviluppo psicologico. Alcune sindromi, come quella iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati e quella di Asperger, sono di incerta validità nosologica. L'autismo atipico può essere in qualche modo assimilato al disturbo gene­ralizzato di sviluppo non altrimenti specificato. In questa classificazione appaiono invece particolarmente interessanti la sindrome di Rett e la sindrome disintegrativa dell'infanzia di altro tipo.

 

Sindrome di Rett

Si tratta di una forma con caratteristiche simili a quelle dell'autismo infantile, che si differenzia però nell'esordio, che avviene tra il settimo e il ventiquattresimo mese dopo uno sviluppo normale o apparentemente normale, seguito da una perdita delle capacità manuali e del linguaggio associata a un rallentamento dell'accrescimento cranico. La causa non è conosciuta e la sindrome è stata riscontrata finora soltanto nel sesso femminile. Lo sviluppo sociale e quello del gioco si arrestano intorno ai primi due o tre anni, anche se di solito si mantiene un certo interesse sociale. Nell'infanzia possono manifestarsi con una certa frequenza convulsioni e si riscontra sempre un grave deficit mentale.

 

Sindrome disintegrativa dell'infanzia di altro tipo

Anche in questo caso c'è un esordio relativamente tardivo preceduto da un periodo di sviluppo normale. Vi è di frequente un periodo premonitore nel quale il bambino tende a isolarsi e diventa ansioso, irritabile, iperattivo. Segue poi una perdita di funzioni precedentemente acquisite con un impoverimento del linguaggio e una disintegrazione del comportamento. Talvolta è possibile dimostrare che la sindrome è dovuta a un'encefalopatia o a una condizione neurologica anomala associata.