La messa a fuoco


La nitidezza di una fotografia dipende oltre che dalla pellicola e dall'obiettivo (come vedremo in seguito) anche dalla corretta messa a fuoco dell'immagine.

Una fotografia "sfocata" è indiscutibilmente da scartare. Ovviamente tale conclusione non è più vera nel caso si sia voluto produrre volontariamente un effetto di mosso ma questo prescinde dalle regole tecniche comunemente accettate e attiene più al personale senso artistico, nonché ai diversi stili di comunicazione.

A meno che non si debba utilizzare una fotocamera d'occorrenza come gli economici apparecchi "usa e getta" che dispongono di un obiettivo a fuoco fisso, la focheggiatura consente di intervenire sulla distanza che separa l'obiettivo dalla pellicola al fine di ottenere la nitidezza almeno del soggetto principale.
In particolare nel caso il soggetto sia estremamente ravvicinato al punto di ripresa, tale distanza è massima e viceversa nel caso contrario.
Le modalità di messa a fuoco possono essere di due tipi:
-messa a fuoco automatica (autofocus);
-messa a fuoco manuale.

La prima modalità presenta in genere due tipologie di funzionamento.
Nella prima (priorità di scatto) la fotocamera consente di scattare anche se il fuoco non è stato raggiunto. Nella seconda (priorità di fuoco) si può scattare anche se il soggetto non è perfettamente a fuoco.

La messa a fuoco manuale, che si effettua regolando l'apposita ghiera posta sull'obiettivo, si dimostra particolarmente utile in circostanze tranquille in cui non c'è bisogno di scattare in fretta ma si vuole prestare particolare attenzione alla composizione e alla massima nitidezza del soggetto. Per esempio nei ritratti è opportuno mettere manualmente a fuoco gli occhi visto che sono l'elemento dominante dell'espressione.
Ci sono tuttavia vari modi per tenere conto della messa a fuoco. La scala di distanze incisa sulla ghiera di messa a fuoco non è tanto utile in quanto la distanza del soggetto va valutata ad occhio e ciò rappresenta un modo troppo approssimativo di valutazione.
Lo stigmometro, presente nel reflex, divide in due l'immagine che non è a fuoco. Un procedimento analogo è quello adottato sia dal telemetro che sdoppia nel mirino l'immagine sfocata e sia dai microprismi che "sgranano" le zone non a fuoco.
In tutti i casi, nelle reflex, gran parte del lavoro viene svolto dalla superficie (vetro smerigliato) che riporta la scena che stiamo inquadrando con la relativa focheggiatura.